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Chi comanda oggi a Padova?

Padova, foto di Stefano Segato / Unsplash

di Ernesto Milanesi

Sono a Padova e chiedo : “Chi comanda in città?”
Mi guardano perplessi.
Io chiedo ancora : “Chi dà il tono alla vita sociale?
Impone un gusto?
Si rende garante di una moralità?”
“Mah”, dicono. 

Oggi simili interrogativi si rivelano letteralmente impensabili nei quotidiani locali, “comandati” dai padroni del vapore del Duemila…

Forse, comanda la massoneria? Tasto più che delicato: espunto preventivamente in ogni Palazzo del potere. A cominciare dal Bo, tradizionalmente “schermato” rispetto alla città…

Magari, comandano gli “eletti” senza voti? Nel ventennio del centrosinistra al potere, il “sistema immobile” contava sugli studi di via Trieste, sulle imprese edili di riferimento, sui professionisti di fiducia, sui “mandarini” della burocrazia, sulle speculazioni a senso unico. Con il supposto “civismo” degli anni 20 l’impianto sembra identico, cambiando solo le identità di riferimento.

Chissà se comandano i salotti? Ammesso che ancora ci siano i “ricevimenti” per il giro che conta (soprattutto soldi), sembrerebbero emigrati fuori le mura cinquecentesche.

E i “cugini di campagna” sbarcati a Padova dalla provincia? Il biennio serenissimo (dal 10 giugno 2014 fino al12 novembre 2016), di fatto, è servito a ricompattare pezzi di centrodestra al servizio della falsa alternativa.

Sono a Padova, mi guardo attorno, ma neppure le cose viste mi aiutano a definirla: alveari ultramoderni e Palazzo della Ragione, lastre di cemento precompresso e pietre cariche di storia, le acque lente del Bacchiglione sotto le mura e la congerie delle fabbriche, dei capannoni fieristici, le cupole semisferiche, presagio dell’Oriente, e i Motels.
Il vecchio e il nuovo, il bello e il brutto, il passato e l’avvenire, ma come se gli uomini avessero perso il controllo di ciò che li circonda.
Chi comanda a Padova ? Il fabbricante di biciclette o il Rettore magnifico?
La Curia o la Camera del Lavoro?
Gli universitari che ripudiano la goliardia classista o i fogli conservatori che seguitano a soffiare aria retorica nella decrepita vescica?

Padova smart, innovativa, futuribile? Le statistiche ufficiali (Camera di commercio nell’Annuario del Comune) indicano nel 2022 un totale di 20.239 imprese attive in città: 5.714 appartengono al commercio all’ingrosso e al dettaglio; 2.414 alle attività immobiliari; 1.908 alle costruzioni. L’economia identica da decenni, dunque: bottega & mattone…

E le banche che governano il territorio? Un simulacro dell’altro secolo, perché Carisparmio come Antoniana sono state diluite altrove. Ci aveva provato nel 2006 il Banco delle Tre Venezie (a proposito di “eletti”, quelli senza bisogno di consenso nelle urne…) che da un paio d’anni è stato assorbito da Cherry Bank di Giovanni Bossi, con un portafogli votato alla gestione dei crediti deteriorati.

Le eccellenze dei saperi più o meno accademici? Hanno più che altro il sapore della resistenza alla realtà. La sanità padovana è, di fatto, stretta nella morsa mortale di Verona e Treviso. E il nuovo ospedale a Padova Est da un quarto di secolo rappresenta l’emblema dell’inerzia contraddittoria dell’ex capitale del Veneto. Unipd, al di là delle celebrazioni, è sempre e solo la migliore “stazione appaltante” che dopo l’Orto Botanico e l’ex collegio Antonianum rincorre studentati e prepara la nuova caserma Piave.

Forse dovrebbe comandare l’Unione Industriale, ma non ha tempo,
deve badare alle 87 aziende in costruzione nel centro industriale
e alle 300 e passa che hanno richiesto il terreno.
E non parliamo della Camera di Commercio,
ne ha fin sopra i capelli con la storia del porto fluviale
e con il subisso di esportazioni e di esportatori.

Padova sopravvive con poche ma significative certezze. La “cricca” della logistica nel quadrante est della città prospera da almeno tre lustri. È il lavoro invisibile, in nero, senza sicurezze dei castelli delle coop sussidiarie. Un “modello” di sfruttamento oltre i diritti più elementari che ha fatto scuola anche altrove.

Altrettanto certo il mistero insoluto del furto più stupefacente che si possa immaginare. Mercoledì 17 marzo 2004 “evaporano” dalla camera di sicurezza blindata all’Istituto di Medicina legale dell’Università in via Falloppio «circa chilogrammi 49 di eroina, chilogrammi 5,8 di cocaina, chilogrammi 1,8 di hashish e grammi 61 di marijuana» (agli atti, Camera dei deputati).

È sicuro anche il panorama dei buchi neri: dall’ex Prandina al Configliachi all’Arcella, dall’Onda Palace in tangenziale est allo stadio Appiani, dai cinema Altino e Mignon all’area PP1. Secondo il piano firmato da Stefano Boeri, Padova ha 55 ettari di “ambiti esistenti da rigenerare”…

E certamente schei. Con la China Underground Bank: ricicla contanti a milionate. Anche a Padova: soldi trasportati all’estero per rientrare puliti con commissione dell’1,5% alla triade della finanza post-moderna.

Insomma, chi comanda davvero in città?

Le citazioni in corsivo sono tratte da “Miracolo all’italiana” di Giorgio Bocca (Edizioni Avanti! 1962), ora in Feltrinelli, pagine 60-66

Foto di Stefano Segato su Unsplash

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